Da molti anni a questa parte, i nostri vicini d'Oltralpe stanno investendo ingenti somme sulla promozione e lo sviluppo di soluzioni che sfruttano il software libero e lo implementano nelle PA.
Questi investimenti hanno permesso alla Francia di affrancarsi, per la gran parte, dall'uso di software della grandi corporazioni notissime dell'informatica e dalla loro licenze.
Alcuni dati: nel 2018 il mercato francese informatico valeva 500000 posti di lavoro e 5 miliardi di valore aggiunto, solo nell'open source 4000 imprese con 50000 lavoratori altamente qualificati nel settore; l'ecosistema digitale francese ha sempre più favorito la nascita di nuove imprese e l'impiego di programmatori che possano rispondere efficacemente e rapidamente alle richieste della PA di tutto il Paese.
E in Italia?
In Italia, il sistema economico non facilita, effettivamente, la diffusione massiccia di soluzioni open source nella PA, nonostante la legislazione parli chiaro sull'argomento.
Alcuni riferimenti normativi sull'open source
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Legge Stanca 2003-2004 https://it.wikipedia.org/wiki/Legge_Stanca
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Gazzetta ufficiale n.119 del 23 maggio 2019 "Obbligo per le PA di pubblicare in open source tutto il codice e di valutare software già esistenti prima di realizzarne di nuovi": https://bit.ly/2ObtHO7
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Linee Guida per l'acquisizione e il riuso software per le PA: file:///C:/Users/utente/Desktop/lg-acquisizione-e-riuso-software-per-pa-docs%2013%20febbraio%202020.pdf
E i cittadini cosa conoscono?
Se ponessimo la domanda, "cosa è l'Open Source ?", la maggior parte dei cittadini non saprebbe rispondere; gli appassionati o chi conosce un poco di informatica avanzata, potrebbero associarlo a Linux o a relative distribuzioni, terminando solitamente la frase con "io uso Windows".
In Italia non esiste una cultura del software libero sviluppata come in Francia, eppure se provassimo ad uscire ognuno dalla propria "comfort zone", si scoprirebbe un mondo variegato e ricco di potenzialità che non ci farebbe rimpiangere quello dei software proprietari ma non lo si fa.
Come mai vi chiederete; le possibili ragioni sono tante ma una delle più evidenti è la volontà politica non univoca nel sostegno all'implementazione del software libero, a ridurre il "digital gap" e informatizzare rapidamente i cittadini.
Da anni sono redatti report (come quello riportato nell'articolo) dove sono indicati i benefici dell'open e i risparmi che la PA avrebbe se adottasse software open source a dispetto dei sistemi proprietari, il cui utilizzo è subordinato al pagamento di una licenza, o, come in Francia, con la creazione di posti di lavoro altamente qualificati se potenziassimo le collaborazioni pubblico-privato nella creazione di apparati informatici statali mediante tali tipologie di software.
Oltretutto l'adozione di software libero darebbe grandi benefici di trasparenza, qualità e concorrenza,, oltre che permettere a aziende e PA una maggiore libertà di scelta, uguaglianza tra open e proprietario e una certa indipendenza informatica al nostro Paese.
Ciò permetterebbe di rilanciare un'economia in forte affanno come la nostra, a seguito della pandemia e dopo più di un decennio di stagnazione.
Dalla nostra fondazione, nel 2001, la nostra realtà, eLabor, ha da sempre appoggiato la filosofia del software libero open source. Nel 2015, assieme ad altre aziende dislocate un poco in tutta Italia, è stata fondata la Rete Italiana Open Source, una rete di aziende del software open source professionale che si propongono sul mercato con un bagaglio di competenze ed esperienze vasto e variegato, sia come singole aziende sia come rete e in continuo aggiornamento per rispondere al meglio alle richieste dei clienti pubblici e privati.
Se non credete a una sola singola parola scritta vi lasciamo un link che vi aiuterà a formarvi una opinione, è del 2018 ma è sempre attualissimo: https://www.agi.it/innovazione/francia_software_libero_open_source-3907201/news/2018-05-17/